Compagni di viaggio: Michelangelo (16 Agosto)
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Michelangelo (16 Agosto)Firenze, culla del Rinascimento.. varcato il portale della chiesa di Santa Croce, ci immergiamo in un vero pantheon. A farci strabuzzare gli occhi sono le innumerevoli tombe monumentali di giganti dell’umanità: il poeta Ugo Foscolo, il compositore Gioacchino Rossini, il fisico Galileo Galilei, il drammaturgo Vittorio Alfieri, l’architetto Leon Battista Alberti ed altri ancora. Poi, nella navata di destra, tra la prima e la seconda campata, ecco pararsi davanti un monumento funebre disegnato da Giorgio Vasari: un sarcofago ai cui piedi sostano tre donne piangenti: la pittura, la scultura e l’architettura. Cosa rappresentano esattamente e, soprattutto, di chi è la tomba?Le donne simboleggiano le arti di cui Michelangelo è stato tra i più grandi esponenti di sempre, e in quel tumulo è racchiusa una vita intensissima, iniziata dai coniugi fiorentini Ludovico di Leonardo Buonarroti Simoni e Francesca di Neri del Miniato del Sera, che diedero alla luce cinque figli, tutti quanti cresciuti sotto la spada di Damocle della povertà, ragion per cui il padre accettò il modesto incarico politico di podestà per non perdere i suoi privilegi di cittadino fiorentino. Fu dunque podestà ai castelli di Chiusi e Caprese, paesino quest’ultimo della Valtiberina, nei pressi di Arezzo, in cui nacque il genio del pittore prima, scultore, architetto e poeta poi, Michelagnolo Buonarroti, conosciuto dalla seconda metà dell’Ottocento come Michelangelo. Era il 6 marzo 1475, ma già pochi mesi dopo, al termine della podesteria di Ludovico, l’intera famiglia tornò a Settignano, vicino a Firenze, paese di scalpellini tra i quali il padre e il marito della balia di Michelangelo – che già a sei anni si ritrovò orfano – , aspetto che lo portò a giustificare in seguito la sua predilezione per la scultura. A crescerlo scolasticamente ci pensò invece Francesco Galatea da Urbino, cittadina marchigiana con la quale da adulto avrà qualche problemino, o meglio con un paio di suoi illustri cittadini. Qual è stata la scintilla capace di accendere un tal fuoco artistico?Forse l’amico Francesco Granacci, che lo iniziò al disegno. A dodici anni approdò in quella fucina di artisti che fu la bottega di Domenico Bigordi, detto il Ghirlandaio. Se la biografia scritta dal discepolo e collaboratore Ascanio Condivi ci riporta che l’accaduto fu colto dal padre di Michelangelo come una disgrazia, quella più conosciuta del pittore, architetto e storico dell’arte Giorgio Vasari afferma invece che fu proprio Ludovico a mandarcelo, per via della penuria economica già accennata. A proposito di biografie: nel 1550, quando ancora Michelangelo era vivo, uscì Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori del suo discepolo Vasari, che tuttavia il maestro non gradì, preferendo tre anni dopo chiedere al collaboratore Condivi di realizzarne una seconda più fedele. Da quest’ultima il Vasari attinse per realizzarne una seconda riveduta, pubblicata nel 1568 e comprensiva degli ultimi anni di vita di Michelangelo, tormentati da un profondo sconvolgimento interiore legato alla fede, come si evince tra l’altro dai suoi scritti e da parte delle sue opere: per alcuni nella Pietà Bandini l’artista scolpì un Cristo uscito dalla figura di Nicodemo, personaggio giovanneo in cui si nasconderebbe il proprio autoritratto, riferimento forse ad una sofferenza psicologica che lo animava in quel momento. Cosa accadde nella bottega del Bigordi?Nel suo libro L’avventura di Michelangelo, lo storico dell’arte Costantino D’Orazio, romanzando un po’ fa dire al protagonista: «Il Ghirlandaio ci portò nella Basilica di Santa Croce – già, proprio quella in cui il cerchio si chiuderà – , ci mise di fronte alla cappella della famiglia Peruzzi e ci spronò: “Scegliete un dettaglio di questo affresco e copiatelo sul foglio che avete in mano”». Da quel foglio e in brevissimo tempo Michelangelo divenne il prediletto del maestro, suscitando l’invidia degli altri discepoli. Non solo, lo prese...