2 Agosto: Sant'Eusebio di Vercelli (Biografia dialogata)
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Sant'Eusebio di Vercelli (2 agosto)Oggi la Chiesa celebra la memoria di Eusebio.. chi era costui?Nato in Sardegna intorno al 300, si trasferì a Roma assieme alla madre e alla sorella minore, forse in seguito al martirio del padre. Nella capitale voleva completare gli studi e poi intraprendere una carriera forense o politica, ma si convertì al cristianesimo, evento che gli cambiò la vita. Sembra tra l’altro che Eusebio non fosse il suo nome di nascita. Qual era allora?Non ci è dato saperlo, ma ciò che più conta è che volle essere battezzato col nome di colui che gli amministrò il sacramento: papa Eusebio. Il comune nome di questi due santi, che deriva dal greco e significa “pio”, “molto religioso”, li legò con lo stesso principio utilizzato dai liberti, quegli schiavi dell’antica Roma che, per gratitudine, assumevano il nome del padrone che li aveva affrancati dalla schiavitù, attraverso una procedura giuridica chiamata manomissione. È quanto fece il papa nei confronti del festeggiato di oggi, introducendolo alla luce di Cristo! Dopo il battesimo come proseguì il suo cammino di santità?Ordinato presbitero e poi vescovo nel 345, gli fu assegnata la sede della città di Vercelli, che resse per 26 anni e in cui consacrò la prima cattedrale, eretta su un antico tempio dedicato alla dea romana Vesta, figlia di Saturno (corrispondente al dio greco Chronos) e Opi, nonché sorella di Giove, Nettuno, Plutone, Cerere e Giunone. Vesta, l’equivalente della greca Estia, a Roma ebbe un grande seguito: dea del focolare domestico e venerata privatamente in ogni casa, il suo culto pubblico consisteva principalmente nel mantenere acceso il fuoco sacro nel tempio cittadino. Coloro che svolgevano tale compito erano le celebri sacerdotesse vestali, la cui vita era interamente consacrata alla custodia del fuoco sacro, acceso all'interno del tempio, per far sì che non si spegnesse mai. Un’iniziativa ardita dunque, quella di Eusebio, anche se non originale. Qualcosa di veramente originale però lo fece: raccolse il clero diocesano facendo fare vita comune ai preti dei vari villaggi del territorio. Tale esperimento fu infatti un’innovazione nel mondo occidentale, ripreso secoli dopo e proposto coraggiosamente anche oggi, seppur con molte fatiche, perché sì sa, vivere insieme è una grazia ma anche una croce. La comunità – direbbe il filosofo canadese Jean Vanier (1928-1919), fondatore dell’Arca, realtà che accoglie persone adulte con handicap – è “luogo della festa (ma anche) del perdono”. Quali sono, in concreto, le fatiche che possono incontrare dei preti che decidono di vivere insieme?Lasciamo rispondere Enzo Bianchi, fondatore della comunità monastica di Bose, che, intervenendo nel 2018 al ritiro mondiale dei presbiteri ad Ars, afferma: «è molto importante che ci sia.. fraternità.. per gli apostoli.. spezzare la solitudine, poter dare testimonianza che si vive una comunione, poter essere anche uno di aiuto all’altro, nel poter verificare ed eventualmente correggere il proprio comportamento. Se c’è una fragilità nella forma della vita sacerdotale attuale, questa emerge soprattutto in vite solitarie.. soprattutto le nuove generazioni, che non hanno la tempra e la solitudine della generazione di un tempo.. soffrono di più della solitudine che gli impone sovente il ministero. Perché? Perché la solitudine rende a volte faticoso il ministero che si compie.. soprattutto oggi in cui i presbiteri vivono in condizione di anonimato.. in una società così indifferente alla loro presenza. Più che mai il presbitero è esposto, sovraccaricato di impegni, sovente arriva a metà della vita veramente oppresso, qualche volta frustrato. E le derive della solitudine, soprattutto nel momento della crisi di mezza età.. in quel momento la solitudine può essere pesante..». Tornando ad Eusebio, cos’altro sappiamo di lui?Esiliato in Palestina – siamo infatti ancora in un periodo critico per la Chiesa, sebbene appena uscita dalle persecuzioni – fu in seguito liberato e ...