La parola VABBÈ in italiano: Cosa significa? Come si usa?
Learn Italian with LearnAmo - Impariamo l'italiano insieme! - A podcast by Graziana Filomeno - italiano online
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In questa lezione parleremo di un’espressione italiana tipica della lingua parlata, usata spessissimo in contesti colloquiali e informali, soprattutto tra i giovani, ma in realtà diffusa in tutte le fasce di età, ovvero: “vabbè”. Sicuramente l'avrete già sentita, ma non siete sicuri di come si usa e cosa significa. Niente paura: il tempo dell'incertezza è finito! Usi e significati di VABBÈ L’espressione italiana vabbè deriva in realtà dalla locuzione “va bene”, che sicuramente tutti voi conoscete, e che è altrettanto comune nella lingua parlata. In pratica deriva dall’unione delle parole “va” e “bene”, con l’elisione dell’ultima sillaba di “bene”, “ne”, e l’accentazione della “e” finale. Si ottiene quindi una parola tronca, con l’accento sull’ultima sillaba, “bè”. Trattandosi di una parola tipica del parlato, che raramente appare nello scritto, e che viene usata soltanto in contesti colloquiali e informali, “vabbè” non ha una grafia standardizzata, anche se quella più diffusa ed universalmente accettata è “vabbè”, con la doppia B e la “e” accentata. Questa particolare grafia rispecchia la pronuncia tipica del centro e del sud Italia, come accade anche per la grafia meno comune vabbeh, mentre al Nord di solito si usa una grafia diversa, con una B sola, scritta tutta attaccata oppure in due parole diverse: vabè o vabeh oppure va be’ o va beh. Il raddoppiamento della consonante nell’unione di due parole, chiamato raddoppiamento fonosintattico, è tipico dei dialetti italiani centrali e meridionali, ed esistono moltissime parole della lingua italiana standard che sono nate proprio dall’unione di due parole attraverso il raddoppiamento fonosintattico. Ad esempio, questo è avvenuto per massì, da ma + sì; addio, da a + dio; chissà, da chi + sa; arrivederci, da a + rivederci; e così per tantissime altre parole. Ad ogni modo, al netto delle diverse grafie con cui può essere rappresentata, l’espressione vabbè è usata in tutte le regioni italiane, e può assumere diversi significati a seconda del contesto in cui viene utilizzata. Abbiamo cercato di catalogare i significati per renderli più facilmente comprensibili e assimilabili. Quando “vabbè” non è sinonimo di “va bene” Esistono casi in cui le due espressioni non sono intercambiabili ed è obbligatorio usare “vabbè”. 1. Per esprimere concessione o ammissione Il caso più comune è quello in cui “vabbè” viene usato per esprimere concessione o ammissione, spesso a malincuore, ovvero un po’ controvoglia. Ad esempio: - Stasera andiamo a cena dai miei? È da tanto che non li vediamo! - Per forza? Non ho proprio voglia di vederli… - Dai, lo sai che mia madre si preoccupa se non ci vede mai… - Vabbè, se ci tieni tanto… In questo caso, vabbè può essere accompagnato di frequente da “non importa”. Esempio: - Mi dispiace ma non sono riuscita a rimandare l’appuntamento col mio capo. Domani non posso proprio venire alla tua festa. - Vabbè, non importa. Possiamo sempre vederci un altro giorno. 2. Per minimizzare qualcosa che è stato detto Il secondo caso è quello in cui “vabbè” viene usato per minimizzare qualcosa che è stato detto. Si può presentare in varie forme: La forma “se, vabbè” o “sì, vabbè” e la forma “vabbè, dai”, usate per esprimere incredulità rispetto a qualcosa che è stato detto, spesso con il significato di “addirittura!”, “non esagerare!”. Esempio: - Mio padre mi ha promesso che se quest’anno vengo promossa mi regala una Ferrari. - Sì, vabbè! Hai idea di quanto costi una Ferrari? - Stanotte non ho chiuso occhio: continuo a ripensare alla figuraccia che ho fatto ieri sera...