Livio Ferrari "Perché abolire il carcere"

il posto delle parole - A podcast by livio partiti

Livio Ferrari, Giuseppe Mosconi"Perché abolire il carcere"Le ragioni di "No prison"Foto di Luca PasqualiniApogeo Editorehttps://www.apogeoeditore.it/La povertà, per chi è ristretto nelle carceri italiane, è l’elemento caratterizzante della distanza che li separa dal resto della società, del disinteresse o peggio odio nei loro confronti da parte dei liberi che non hanno nessuna voglia di approfondire la questione. La prigione umilia, annulla, stigmatizza e impone il dolore, la sofferenza, è crudeltà, crea la mancanza di responsabilità verso il proprio comportamento e aumenta la pericolosità di tutti coloro che vi transitano, che diventano a loro volta moltiplicatori irreversibili e potenziali della violenza ricevuta. Il carcere ha una funzione falsa e puramente ideologica, perché finge di controllare, evitare e prevenire i reati, mentre li produce e riproduce, con effetti e livelli di sofferenza ben peggiori della maggior parte dei reati perseguiti dai condannati, per i quali viola sistematicamente i diritti fondamentali. Il carcere evoca l’annientamento del “criminale” che spaventa e fa passare il messaggio che quelli in libertà possono essere innocenti, mentre quelli imprigionati sono certamente colpevoli. Questo vale soprattutto per gli extracomunitari e i poveri che sono i più arrestati e reclusi rispetto al resto della popolazione, al punto che produce nella gente la convinzione che sono coloro che commettono più crimini. Il carcere è considerato come un male necessario, nella mancanza di coscienza e conoscenza in generale, senza alcuna consapevolezza che provoca più problemi di quanti ne risolve. Sembra non possa esserci alternativa ad esso, mentre è necessario progettare la sua abolizione e sostituzione con forme diverse di gestione degli illeciti. L’abolizione della prigione non è un’utopia. Il carcere è barbarie, in quanto vendicativo ed incurante della reale esperienza delle persone, strumento dell’antica retorica del castigo. È necessario mettere in discussione la costruzione che il diritto penale produce degli atti illeciti, che sta a fondamento delle pene detentive, per operare un salto di paradigma, che conduca ad una conoscenza oggettiva dei fatti perseguiti e di chi li pone in essere, nell’ottica della reintegrazione e della ricostruzione dei legami sociali. Continuare a sostenere il sistema carcerario significa in fondo autorizzare la pratica della vendetta di Stato e della sua violenza, con l’imposizione del dolore e della sofferenza ai ristretti. Non vi è alcun motivo di credere che lo spettro della prigione ridurrà la criminalità, è pertanto assurdo ritardare la ricerca di soluzioni di non carcere.Livio FerrariGiornalista, scrittore e cantautore, esperto di politiche penitenziarie, fondatore e direttore dal 1988 dell’Associazione di volontariato “Centro Francescano di Ascolto” di Rovigo, fondatore e portavoce del “Movimento No Prison” dal 2019, direttore responsabile della rivista dei detenuti del carcere di Rovigo “Prospettiva Esse” dal 1997, autore dei volumi: In carcere, scomodi (Franco Angeli Editore, 2007), Di giustizia e non di vendetta (Gruppo Abele, 2010), No Prison (Rubbettino, 2015), No Prison (EG Press, London, 2018, in lingua inglese), Basta dolore e odio. No Prison (Apogeo Editore, 2018), Testimoni di prossimità (Edizioni Paoline, 2020) e autore degli album musicali Orologi e Passioni (Edizioni Nota Music). È ideatore e regista dal 2006 dello spettacolo “Il carcere in piazza”.Giuseppe MosconiGià docente ordinario di Sociologia del Diritto all’Università di Padova, ha tenuto corsi di insegnamento fino all’a.a. 2018-2019. Ha insegnato in corsi relativi a sociologia del diritto, devianza, carcere e controllo sociale. È stato membro della Commissione scientifica del progetto “Città Sicure” della regione Emilia-Romagna. Ha diretto la...