Elena Cattaneo - Le reti che fanno bene alla scienza - Festival della Mente 2017
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Negli anni ’80 del secolo scorso un gruppo di scienziati provenienti da diverse parti del mondo approdò sul lago Maracaibo, nel nord-ovest del Venezuela, per studiare le origini e le cause di una malattia neurodegenerativa, la Corea di Huntington, che in quelle zone ha la sua massima diffusione. Quest’anno alcune delle famiglie venezuelane colpite dalla malattia sono state accolte a Roma da ricercatori, scienziati e rappresentanti delle più alte istituzioni italiane. La rete che collega queste due esperienze parte da Maria Concepción Soto, vissuta alla fine del 1800 nel villaggio di Lagunetas e considerata una capostipite della malattia di Huntington, e di generazione in generazione – si parla di circa 20.000 discendenti – arriva fino a Maria Esther Soto Soto e ai suoi fratelli, Franklin e Yosbely; a loro Papa Francesco ha detto che la malattia ereditata dal padre non deve mai più restare nascosta, perché la fragilità dei loro corpi non è un peccato di cui vergognarsi. È una rete che passa attraverso i laboratori che in tutto il mondo studiano il gene che provoca la malattia, sperimentano nuovi trattamenti e farmaci per alleviarne i sintomi, nell’attesa di una cura. Passa attraverso i banconi degli studiosi americani, inglesi, canadesi che nel 1993 individuarono il gene mutato responsabile dell’Huntington, e attraverso le attuali sperimentazioni sul trapianto di neuroni generati da cellule staminali embrionali e sul silenziamento genico che mira a disinnescare il gene malato. Mentre la ricerca studia come mai questo gene, che ha un biliardo di anni, sia sopravvissuto all’evoluzione della specie, si continuano a tessere reti che si alimentano dei rapporti e delle connessioni che dai laboratori arrivano alla società, ai malati, alle associazioni, alle istituzioni, e viceversa. Sono le reti che fanno bene alla scienza, che affiancano gli infermi e permettono a tante persone di vivere al meglio la loro umanità.