L’ULTIMO gol di LE TISSIER ||| Quando LE GOD fece esplodere SOUTHAMPTON

Cronache Stories - A podcast by Cronache di spogliatoio - Lunedì

Se mai dovesse capitarvi di passeggiare per le strade di Southampton alla ricerca di quello che fu il vecchio stadio dei Saints, non trovereste altro che un centro residenziale. È il prezzo da pagare per la modernità: il St Mary’s sorge a pochi metri dalle rive del fiume Itchen mentre il The Dell era uno di quegli impianti squisitamente britannici, con gli spalti che trovavano spazio in mezzo alle case, spuntando all’improvviso tra i vicoli. Lì dove una volta c’era il prato, oggi c’è il parcheggio interno del condominio. E tra i vari appartamenti ce ne è uno riadattato a casa vacanze, prenotabile online, senza fatica. I gestori, con una mossa illuminata, gli hanno dato il nome dell’uomo che su quel prato aveva guadagnato i gradi di divinità. E che, in quanto tale, aveva realizzato l’ultimo gol segnato in gare ufficiali all’interno di quello stadio. 19 MAGGIO 2001 – ULTIMA PARTITA UFFICIALE AL THE DELL L’incredibile carriera di Matthew Le Tissier sta giungendo al termine. Non aveva mai avuto i crismi dell’atleta modello, ma da un paio d’anni il suo declino pare evidente. È costantemente sovrappeso, non riesce a reggere i ritmi di una Premier League che è cambiata sotto i suoi occhi, diventando un campionato sempre più competitivo, in grado di attirare campioni che per anni avevano snobbato l’Inghilterra. Per amore del Southampton, o anche solo per la volontà di non uscire dalla comfort zone che si era creato, nel corso degli anni aveva rifiutato offerte di ogni tipo. Nel 1990 aveva detto no al Tottenham, la squadra per cui faceva il tifo da bambino. Seguiva le partite degli Spurs da lontano, da Saint Peter Port, la capitale di Guernsey, un pezzo di terra che sorge tra la Francia e l’Inghilterra: Channel Islands, le chiamano da quelle parti. Una zona particolare, che ricade sotto le dipendenze della Corona non per la sovranità del Regno Unito, ma per quella dell’antico Ducato di Normandia. Era arrivato giovanissimo al Southampton e non se ne era più andato, segnando gol incredibili, perché il modo di calciare di Le Tissier non aveva rivali. Era in grado di trovare la porta da distanze siderali, con angoli impossibili. Vederlo ciondolare in mezzo al campo palla al piede, abbozzando dribbling che riuscivano soltanto grazie al suo straordinario talento tecnico, non potendo contare sulla rapidità, era un’esperienza per certi versi addirittura surreale. Esiste una generazione cresciuta vedendo i gol di Le Tissier in maniera fugace, in quelle sintesi iper rapide che passavano sui canali secondari o satellitari, un rifugio per gli esteti. Italiani, tedeschi, spagnoli, rapiti a guardare delle magie che passavano in tv di sfuggita, con sorpresa e ammirazione. «In una tv catalana c’era un programma di mezz’ora ogni lunedì in cui facevano vedere i migliori gol della Premier League. Le Tissier c’era sempre, ogni settimana. Faceva dei gol assurdi. Pum! Pallone sotto l’incrocio. Pam! Finta e pallone sopra la testa di un difensore per poi fare gol. Pum! Una punizione incredibile. Mi chiedevo: “Ma perché rimane al Southampton? Potrebbe giocare con chiunque!”. In casa eravamo tutti fissati per lui» (Xavi) Aveva avuto un rapporto a dir poco controverso con la Nazionale inglese. Nonostante le prodezze, non era entrato per davvero nel giro fino all’arrivo in panchina di Glenn Hoddle, il suo idolo da bambino: era il 1996, con i sogni del primissimo «Football’s coming home» mandati in fumo dal rigore di Gareth Southgate contro la Germania. Si era ritrovato in campo in una partita dal peso specifico enorme, quella di Wembley contro l’Italia. Una gara che l’Italia di Cesare Maldini aveva vinto grazie a una saetta di Gianfranco Zola, lasciando a bocca aperta gli inglesi, che pure erano già abituati da qualche mese a vedere da vicino le giocate di quello che avevano ribattezzato, con un tocco di genialità, “Magic Box”.