Le Ville venete di Palladio

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Versione audio: Andrea di Pietro della Gondola (1508- 1580), detto Palladio da Pallade Atena (un soprannome che celebrava la classicità della sua arte), è stato uno dei più grandi architetti italiani del XVI secolo. Nato a Padova da una famiglia di umili origini, lavorò come scalpellino per sedici anni, una attività che risultò fondamentale per la sua formazione di artista: Palladio, infatti, mostrò sempre una sensibilità del tutto eccezionale per la “qualità” dei paramenti architettonici, unita a una spiccata predilezione per i materiali poveri, come il cotto, lo stucco e il legno. Nel 1537, Palladio entrò in contatto con il letterato Gian Giorgio Trissino, che gli chiese di accompagnarlo nei suoi viaggi: prima nel Veneto, e in particolare a Verona (dove Palladio vide per la prima volta i monumenti antichi), e poi a Roma. Durante questo e altri viaggi romani, compiuti fra il 1541 e il 1554, Palladio portò avanti uno studio sistematico dell’architettura classica, maturando la volontà di emularla reintegrandola: di “attualizzarla”, in un certo senso, per renderla compatibile con le esigenze contemporanee. A Roma, Palladio ebbe modo di conoscere direttamente anche la grande architettura romana del primo Cinquecento, in particolare quella di Bramante che il padovano considerò sempre suo maestro ideale. Questa complessa formazione culturale e architettonica si riflesse sull’attività artistica di Palladio, che l’architetto pose concretamente al servizio della facoltosa aristocrazia veneta e vicentina. Buona parte della produzione palladiana è infatti legata alla progettazione di ville e prestigiose residenze, testimonianze efficaci quanto autorevoli degli interessi veneziani sulla terraferma. Le ville palladiane La visione palladiana dell’architettura giunse alla sua piena maturità dopo il 1550 e si concretizzò nella logica distributiva e volumetrica dei palazzi e delle ville; nella coscienza urbanistica con cui questi edifici s’inserivano nel contesto circostante; nell’attenzione ai loro valori funzionali e simbolici. Il fenomeno della “villeggiatura”, in Veneto, iniziò a svilupparsi nel Cinquecento, a seguito dell’espandersi degli interessi dei veneziani sulla terraferma. L’atteggiamento degli aristocratici nei confronti della vita agreste mutò profondamente e nel corso del secolo furono numerose le commissioni di ville sontuose. In questo contesto storico e sociale si inserirono le ville costruite da Palladio per l’aristocrazia veneziana e vicentina, che marcarono il territorio con i segni di un’architettura insieme modernissima e all’antica, assecondando in modo magistrale le ambizioni culturali dei facoltosi committenti. Le ville palladiane, oggi conosciute più semplicemente come “ville venete”, furono edificate per la maggior parte in prossimità di Vicenza e concepite sia come luogo di svago sia come efficienti complessi produttivi. Infatti, erano spesso circondate da campi coltivati e vigneti, e comprendevano, oltre alla residenza patronale, anche i magazzini, le stalle e i depositi per gli attrezzi da lavoro. Palladio pubblicò piante, sezioni e schemi delle sue ville nel trattato I Quattro libri dell’architettura (1570); grazie alla fortuna del libro, gli architetti europei delle successive generazioni, sino al XIX secolo, elessero questi edifici a modelli insuperabili di villa suburbana. Tra il 1994 e il 1996, 24 ville palladiane sono state inserite, insieme alla città di Vicenza, nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco. Forme classiche per ville moderne Palladio, nel progettare questi edifici, partì dai modelli già affermati del Sanmicheli e del Sansovino: ma seppe rielaborare i due tradizionali tipi edilizi di villa – la villa-fattoria e la villa suburbana – in modo del tutto nuovo e originale. L’architetto dimostrò, infatti, grande libertà compositiva pur mantenendosi all’interno di un certo numero di combinazioni chiave e restando sempre fedele ad alc...