La scultura egizia e lo stile amarniano

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Versione audio: Nell’antico Egitto, le sculture ricoprirono un ruolo molto importante: esse, infatti, dovevano celebrare il potere dei faraoni e per questo furono in genere di grandi dimensioni e realizzate con materiali destinati a durare a lungo, come pietra e soprattutto granito. Le sculture poste nelle tombe erano inoltre pensate per sostituire il corpo mummificato del defunto, qualora questo fosse andato perso o si fosse decomposto, e per consentire all’anima di continuare a vivere in eterno; gli antichi Egizi, in sostanza, identificavano, in qualche modo, la rappresentazione del morto con la sua persona fisica. La scultura egizia e lo stile amarniano. Un’arte più naturalistica La scultura egizia non comportò le stesse problematiche della pittura. In Egitto, i pittori, dovendo raffigurare la figura umana sul piano, scelsero di presentare ogni parte del corpo secondo punti di vista convenienti, perché tutto apparisse chiaro, pure a costo di sacrificare la logica dell’immagine. La scultura, che di per sé è tridimensionale, non richiede questo accorgimento. Benché ogni statua fosse stata concepita per essere ammirata soprattutto di fronte, l’osservatore poteva comunque muoversi e scegliere il punto di vista che gli avrebbe consentito di ammirare ogni parte della figura nel dettaglio. A differenza della pittura, dunque, la scultura egizia appare a prima vista molto più naturalistica. Il faraone seduto Tuttavia, anche l’opera degli scultori fu rigidamente guidata da regole molto severe. Ad esempio, il faraone seduto doveva presentare il busto rigido, la testa eretta, le mani sulle cosce o, in alternativa, incrociate al petto, i piedi paralleli e quasi uniti. Lo possiamo verificare osservando la statua del Faraone Chefren seduto. Quest’opera celebrativa ritrae il sovrano assiso sul trono e con le insegne regali: cioè il nemès e la barba posticcia che i faraoni usavano portare sul mento legandola attorno alle orecchie. Chefren ha le mani poggiate sulle cosce; la sua testa è protetta dal dio Hòrus, che ha le sembianze di un falco con le ali spiegate; alla base del suo trono compaiono il loto e il papiro, simboli dell’Alto e del Basso Egitto, intrecciati per rappresentare l’unione dei due territori. L’aspetto del faraone, serrato nella sua struttura cubica e nella sua posa imperturbabile, è solenne e i tratti del suo volto sono idealizzati. D’altro canto, egli era considerato un dio (come ogni faraone): rappresentarlo nella sua umanità, nella sua quotidianità, non era concepibile. E difatti, in quest’opera, anche i tratti del suo volto sicuramente non sono reali. Ciò che contava era il ruolo pubblico del sovrano: il suo vero aspetto era del tutto trascurabile. Ritroviamo caratteristiche identiche nella statua del Faraone Ramses II, realizzata più di mille anni dopo. Il re è seduto, immobile sul trono in una posa austera e frontale; presenta le braccia e le gambe articolate simmetricamente; i piedi sono paralleli, la mano sinistra è sulla coscia, la destra accostata al petto. Il faraone in piedi Anche la rappresentazione del faraone in piedi seguì sempre regole assai rigide. Nella statua del Faraone Micerino con la moglie, il re è mostrato nella tipica “posa eroica” maschile: è rigido, con il capo eretto e lo sguardo fisso; le sue braccia sono distese lungo i fianchi, con i pugni serrati; la sua gamba sinistra è avanzata (quella in corrispondenza del cuore, simbolo della vita) ed entrambi i piedi sono ben appoggiati al suolo. Si tratta di una posizione, chiamata del “finto passo”, profondamente statica che richiama il movimento senza veramente rappresentarlo. I corpi dei faraoni Micerino è seminudo, coperto solo dal tipico gonnellino. La moglie gli cinge la vita con la mano destra e con la sinistra gli tocca un braccio, quasi a voler mostrare allo spettatore la forza fisica e l’atletica perfezione del corpo del marito.