Il Sarcofago degli Sposi, capolavoro etrusco
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Versione audio: Il cosiddetto Sarcofago degli Sposi è un reperto archeologico etrusco in terracotta dipinta, risalente al tardo VI secolo a.C. e oggi conservato nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma. Si tratta di una delle opere arcaiche etrusche più celebrate e conosciute, sia per l’alta qualità artistica che la caratterizza sia per l’oggettiva esiguità delle statue che l’Etruria ci ha lasciato. Fu ritrovato, assieme a un altro manufatto assai simile (oggi al Louvre), durante gli scavi ottocenteschi nella Necropoli della Banditaccia a Cerveteri. A dispetto del nome e dell’aspetto, non è un sarcofago tradizionale, come quelli egizi, dentro cui si distendeva la salma, magari mummificata, bensì una grande urna cineraria destinata a contenere i resti di due persone. Lo si verifica a un’analisi ravvicinata ma si può già intuirlo notando l’anomalo segno di congiunzione verticale al centro. Tracce di pittura (più evidenti nella versione del Louvre) provano che in origine tutta l’opera era vivacemente colorata. Una coppia al banchetto Due coniugi sembrano partecipare a un banchetto. Sono infatti raffigurati sdraiati e semidistesi su un elegante triclinio, che presenta gambe adornate di volute e un materasso munito di coperta e cuscino. L’uomo, possente e muscoloso, è a torso nudo e piedi scalzi. Porta i capelli lunghi e la sua barba è ben curata. Appoggia affettuosamente il braccio destro sulla spalla della moglie, che invece indossa una lunga veste e un mantello, calza eleganti scarpette a punta e ha i capelli, pettinati a trecce, in parte coperti da un tipico copricapo a calotta. I due sposi hanno le mani vuote ma un tempo dovevano tenere oggetti conviviali, come per esempio delle coppe, oppure del cibo. Forse la moglie è colta mentre si accinge a versare del profumo sulla mano del marito. Lo stile La parte inferiore dei corpi risulta piuttosto schiacciata e rigida. Questo porta ad una mancanza di simmetria nella composizione, che sposta tutto il peso verso destra rompendo l’equilibrio della scena: ma proprio questa scelta riesce a rendere l’immagine più fresca e spontanea. L’espressione sorridente dei due non deve ingannare, giacché si tratta del cosiddetto sorriso arcaico, tipico dei coevi kouroi greci, ossia delle tipiche sculture che rappresentano giovani vigorosi in piedi. I tratti somatici di questa coppia di sposi, ad una osservazione attenta, risultano addirittura ricavati da un unico stampo e appena differenziati dalla barba aguzza dell’uomo. Anche gli occhi a mandorla, così orientali, sono solo il frutto di una precisa scelta stilistica, molto comune all’epoca. Tuttavia, l’atteggiamento confidenziale della coppia è palese e svela l’intento originario dello scultore che, nonostante la totale adesione alle convenzioni arcaiche, vuole aderire, a suo modo, alla realtà. Etruschi e Greci a confronto La scultura arcaica greca, come già quella egizia, aveva prodotto immagini universali di immutabile ed eterna perfezione. Gli sposi di Cerveteri (nonostante la “maschera” arcaica dei loro volti) hanno invece un atteggiamento naturale, domestico, quotidiano e sembrano voler comunicare il sentimento dell’affetto coniugale, un elemento da non sottovalutare considerando l’epoca. Inoltre, posizione e gesti evidenziano con chiarezza la considerazione e il rispetto di cui la donna godeva nella società etrusca, impensabili in quella ellenica, dove peraltro le mogli non potevano partecipare ai simposi. Non esistono, infatti, testimonianze simili nella scultura greca. Perlomeno, non tra le opere ritrovate. Forse alcune scene dipinte sui vasi greci sono paragonabili a questa. Un atteggiamento analogo, anche se tenuto da due uomini, si riscontra in una lastra della Tomba del tuffatore; ma non a caso si tratta di un dipinto realizzato a Poseidonia (l’attuale Paestum), insomma ai confini occidentali del mondo ellenico, tra Magna Grecia ed Etruria.