Il presepe di Greccio di Giotto
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Versione audio: Il presepe di Greccio è un affresco realizzato da Giotto (1267-1336) nella Basilica superiore di San Francesco ad Assisi. Si tratta della tredicesima delle ventotto scene del ciclo con le Storie di san Francesco, dipinte dal giovane maestro toscano tra il 1290 e il 1295. Illustra un episodio che fa parte della tradizione francescana, secondo la quale, nel 1223, san Francesco allestì proprio nella cittadina di Greccio, il primo presepe. La composizione Nonostante le fonti rivelino che Francesco avesse scelto una grotta per ambientare la scena del suo presepe, Giotto preferì ricostruire l’episodio nel presbiterio di una chiesa, che ricorda la Basilica inferiore di Assisi. Lo spettatore assiste, idealmente, all’evento come se si trovasse in prossimità dell’abside e da qui può ammirare il contesto architettonico e gli arredi liturgici: un ciborio che ricorda quelli romani di Arnolfo di Cambio; il leggio adornato da un candelabro a nove braccia (quest’ultimo in uso nei monasteri, per la novena del Natale); il pulpito visto dal lato dell’ingresso; la croce che pende verso la navata. In primo piano, san Francesco, vestito dei paramenti diaconali, prende il Bambino fra le braccia (o forse lo depone nella mangiatoia). Il piccolo Redentore è avvolto in una rossa veste regale. Intorno a lui, una folla di persone assiste alla scena. Le donne, che non possono entrare nella zona presbiteriale, osservano dalla porta. Alcuni frati francescani pregano, altri cantano. Tenera l’immagine dell’asinello, qui mostrato in miniatura, come se fosse una statuetta, che si volta verso il Bambino pieno di stupore. L’impianto spaziale La rappresentazione dello spazio architettonico è concreta e realistica. Gli oggetti liturgici e le parti architettoniche sono raffigurati attraverso una prospettiva efficace anche se solo empirica. La prospettiva di Giotto, infatti, non era matematica ma intuitiva: il pittore scorciava prevalentemente a occhio, copiando dal vero. In particolare, il crocifisso inclinato e ancorato a un sostegno (che ci fa scoprire com’erano le croci da dietro), e il pulpito sulla sinistra si protendono verso la navata che non si vede ma di cui s’intuisce bene la profondità. Anche la collocazione dei personaggi in questo spazio ricostruito risulta assolutamente credibile: uomini, donne, laici e frati appaiono su piani diversi, senza dare l’effetto di schiacciarsi l’un l’altro o di librarsi nell’aria. I monaci cantori I cantori, che intonano un canto polifonico buttando l’occhio sullo spartito, posto sopra il leggio, appaiono più alti degli altri ma chiaramente si trovano in piedi sugli stalli del coro, che intravediamo, attraverso un piccolo dettaglio, accanto alla porta. Si riconoscono tre tenori che hanno le bocche ben aperte e le teste in alto, e un basso con la bocca più chiusa. Linee, volumi, colori e chiaroscuri Giotto seppe rendere in modo magistrale le espressioni, le pose, gli atteggiamenti di chi partecipò a quell’evento. Tutti i personaggi sono fortemente caratterizzati, presentano proporzioni naturali, volumi corporei credibili e pose spontanee. Ogni figura si staglia chiaramente contro il fondo chiaro della recinzione. I chiaroscuri e i panneggi, rigorosi tanto da sembrare studiati dal vero, contribuiscono a tale spiccato effetto di realismo. Purtroppo, molte vesti, abbondantemente ritoccate a tempera, hanno perso nel tempo la cromia originaria e oggi ci appaiono con colori diversi da quelli di un tempo.