Il compianto del Cristo morto di Giotto

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Versione audio: Il Compianto del Cristo morto è un affresco realizzato da Giotto (1267-1336) tra il 1303 e il 1305 nella Cappella degli Scrovegni a Padova. Fa parte del ciclo dedicato alle Storie di Gesù e si trova sulla parete sinistra (guardando verso l’altare), nel registro centrale inferiore. L’opera venne curata con particolare attenzione da Giotto, che la realizzò senza avvalersi dell’aiuto dei suoi collaboratori. Il soggetto è tratto dalla Passione di Cristo, anche se i Vangeli canonici praticamente non ne parlano. Illustra il momento in cui Gesù, appena deposto dalla croce, è circondato da una serie di personaggi che lo piangono rendendogli omaggio. La composizione Nell’affresco di Giotto, l’asse portante della composizione è definito dalla posizione del corpo di Cristo, adagiato per terra in basso a sinistra. Intorno ad esso si dispongono gli altri protagonisti della scena: la Madonna, che gli tiene il busto sulle ginocchia; Maria di Cleofa, a sinistra con le braccia al cielo; Maria Salomè, al centro che gli tiene le mani; la Maddalena che gli tiene i piedi; il giovane san Giovanni, che, piangente, sovrasta il gruppo; infine, gli altri uomini e donne, tra cui la donna alle spalle della Madonna, che intreccia le mani e le posa sotto la guancia, con un effetto molto naturale. I colori sono tenui e delicati, tendenti a tinte pastello. Predominano il rosa, il verde chiaro, il lilla, il giallo, l’arancione. L’uso ridotto del grigio determina un effetto di marcata luminosità. L’impianto spaziale La piccola folla di dolenti crea, con il volume dei corpi, uno spazio credibile attorno a Gesù, reso ancora più evidente dalla presenza, in primo piano, di due figure sedute di spalle, che si presentano come vere e proprie masse scultoree. Sullo sfondo si dispiega un desolato paesaggio invernale; l’albero spoglio è un chiaro richiamo alla morte di Gesù e testimonia il dolore universale per quell’estremo sacrificio. Lo spazio aperto del cielo si contrappone nettamente allo spazio terreno, chiuso dalla collina, a marcare la differenza tra un mondo reale limitato in cui viviamo e moriamo e l’infinito Paradiso abitato dagli angeli, che ci aspetta dopo la morte. Gli assi compositivi Nella costruzione della scena, il centro drammatico dell’evento (il viso di Maria e quello del Cristo accostati) non corrisponde al centro geometrico della composizione, giacché si trova spostato a sinistra verso il basso. Questa disposizione, concepita per creare un forte senso di squilibrio e trasmettere all’osservatore una sensazione di instabilità, è magistralmente sottolineata dalla roccia che taglia diagonalmente tutto lo spazio e sembra precipitarsi sul corpo di Cristo, accompagnando il pianto disperato di Giovanni. Questa diagonale funge da potente vettore visivo veicolando immediatamente l’attenzione dello spettatore sul nucleo del racconto, proprio nel punto in cui convergono tutte le linee, gli sguardi e i gesti. La disposizione delle figure accompagna questo movimento in discesa: si passa da figure erette ad altre via via più inclinate, sino alla posizione orizzontale del corpo di Cristo. Gesù, Maria, gli angeli Giotto rivela capacità di introspezione psicologica davvero inaspettate per quei tempi e agisce come un sapiente regista che guida i suoi attori a teatro, spiegando loro quali espressioni e gesti renderanno più esplicito il significato della scena. Maria abbraccia Cristo come a non volerlo lasciare. Attraverso questo particolare, Giotto riporta il tema del dolore, descritto dalla pagina evangelica, a una dimensione universale. Quella Madre che piange quel Figlio richiamano la sofferenza di ogni madre e di ogni figlio vittime di violenze, guerre e soprusi. Gli angeli volteggiano nel cielo come uccelli impazziti; alcuni di loro singhiozzano, altri portano le mani al viso, altri ancora sono mostrati nell’atto violento di tirarsi i capelli.