Édouard Manet e i presupposti dell’Impressionismo
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Versione audio: Il pittore Édouard Manet (1832-1883) ebbe genitori ricchi e influenti. Il padre era un giudice, la madre era figlia di un diplomatico, nonché figlioccia del re di Svezia. Entrambi sognavano per lui un’autorevole carriera. Quando il figlio manifestò l’intenzione di dedicarsi all’arte, cercarono in ogni modo di fargli cambiare idea; poi, cedendo alle sue insistenze, gli concessero di frequentare per sei anni l’atelier del pittore accademico Thomas Couture, perché almeno si dedicasse alla “bella pittura”. La vocazione realista Impegnato ad acquisire una solida tecnica, Manet copiò a lungo le opere dei maestri olandesi e spagnoli esposte al Louvre. Tuttavia, sulla scorta degli esempi del pittore realista Gustave Courbet egli elaborò una propria idea di arte, che concepì legata unicamente alla realtà contemporanea. Questa vocazione per il Realismo fece di Manet un artista, per certi versi, anomalo. Quando furono esposte le sue prime opere, egli era del tutto sconosciuto, sicché il pubblico, scandalizzato dall’audacia delle sue invenzioni, se lo figurò come un bohémien trasandato, probabilmente alcolizzato e sicuramente dissoluto. Non avrebbe certo immaginato che Manet fosse un gentiluomo colto e raffinato, un parigino elegante, amante della bella vita e dei locali alla moda, abile conversatore, cortese, ironico, adorato dalle donne e ammirato dagli uomini. Di bell’aspetto, biondo e dalla lunga barba curatissima, l’artista era sempre impeccabilmente vestito. Mai avrebbe rinunciato ai suoi guanti di pelle scamosciata e al suo cappello a cilindro, nemmeno per una semplice passeggiata in campagna. Per certi versi ha dell’incredibile che un signore del genere avesse deciso di dedicarsi alla pittura; ed è ancora più sconcertante che avesse voluto abbracciare la strada della pittura moderna. Il bevitore di assenzio A causa dei soggetti scelti per le sue opere e dello stile adottato, l’artista si scontrò per tutta la sua vita con la giuria del Salon, che respinse ripetutamente i suoi quadri giudicandoli volgari e incompleti. Il bevitore di assenzio, fu, per esempio, rifiutato al Salon del 1859. L’opera mostra un noto bohémien che frequentava il quartiere del Louvre, raffigurato in una strada di Parigi, inebetito dall’abuso di assenzio, accasciato contro il muro, con il cappello ammaccato e la bottiglia vuota che rotola via. Manet aveva quindi scelto di dedicare un quadro a un qualunque alcolizzato che si era abbandonato al vizio, alla miseria, al degrado fisico e morale. L’immagine, impostata prevalentemente su toni scuri (neri, grigi, marroni), è ottenuta con pennellate grasse e spesse, con poca o nessuna attenzione per la resa dei dettagli. Il suo maestro Couture, indignato per la sortita dell’allievo, ruppe con lui ogni rapporto; anzi, affermò che doveva essere stato Manet a fare uso di assenzio per aver dipinto un simile quadro. Non fu tanto la tecnica innovativa del giovane pittore a offenderlo, quanto il soggetto, tratto dall’infima vita di strada della Parigi contemporanea. Musica alle Tuileries In verità, spesso Manet amò trarre ispirazione anche dalla realtà altolocata in cui viveva. Assiduo frequentatore dei boulevards parigini, dei locali alla moda e di ogni pubblica manifestazione elegante, come tutti i signori, non mancava di recarsi ai concerti bisettimanali tenuti nei giardini del Louvre, abituale occasione di incontro della bella società parigina. Musica alle Tuileries, dipinto nel 1862 ma esposto in una galleria privata nel 1863, è un esempio precoce di pittura di vita moderna en plein air, sia pure ricostruita in atelier. Il quadro mostra l’autore stesso, rappresentato all’estrema sinistra, assieme a un pubblico di nobili, critici, poeti e artisti, riuniti ai giardini delle Tuileries per ascoltare la musica. Gli uomini indossano eleganti tight e cappelli a cilindro, le signore sono coronate da variopinti cappelli e le bambine portano gran...