Disney, Dalì, il cinema e il Surrealismo
Arte Svelata - A podcast by Arte Svelata
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Versione audio: Il cinema ha avuto da subito un rapporto privilegiato con l’arte. Sono stati molti, nel corso del Novecento, i registi che si sono più o meno esplicitamente ispirati a opere famose per inquadrare certe loro scene, a volte spingendosi fino alla citazione, oppure che si sono ispirati a certi linguaggi pittorici, nella scelta delle scenografie, delle inquadrature o delle luci. In fondo, il cinema non è altro che l’evoluzione della fotografia, che a sua volta si era ispirata alla pittura. In alcuni casi, sono stati invece gli artisti a prendere posizione rispetto al mondo del cinema, con contributi critici oppure partecipando direttamente alla stesura delle sceneggiature o alla realizzazione delle scenografie. De Chirico e il cinema Il pittore metafisico Giorgio de Chirico (1888-1978), per esempio, realizzò diverse scenografie e costumi per cinema e teatro. Nel suo Discorso sul cinematografo del 1943, propose diverse riflessioni sulle possibilità espressive del cinema. Secondo il pittore, la cosiddetta “settima arte” ha lo straordinario potere di «trasportare lo spettatore al di là della propria esistenza, in un mondo dove si può vivere una vita emotivamente più intensa, più intima e per certi versi più vera. Le immagini cinematografiche per il pittore sono come fantasmi, in grado di suscitare profonde emozioni, fatte più di spirito che di materia, e incarnare gli aspetti misteriosi, profondi e insondabili della vita» (V.Polito). Dalí e il cinema Anche i surrealisti dimostrarono sempre un vero e proprio entusiasmo per il cinema e gli riconobbero il potere di svelare la “surrealtà” e di liberare negli spettatori le forze dell’inconscio, allo stesso modo della loro pittura. André Breton (1896-1966), teorico del Surrealismo, nel primo Manifesto Surrealista definì il cinema «un occhio artificiale capace di riprendere uno spazio virtuale in cui immagini e realtà si fondono», in cui si incontrano le dimensioni del sogno e della vita. Salvador Dalí (1904-1989), fra i pittori surrealisti, fu quello che mostrò sempre il maggiore interesse per la cinematografia. Tra il 1928 e il 1929, pubblicò degli articoli in cui spiegò che in un film si potevano proporre immagini che sembravano provenire direttamente dall’inconscio. Dalí e Buñuel I film propriamente surrealisti sono davvero pochi, e i due principali videro coinvolto Dalí in prima persona. Con il regista d’avanguardia spagnolo Luis Buñuel (1900-1983), il pittore realizzò, nel 1929, Un chien andalou, considerato una pietra miliare del cinema surrealista. Nel 1930, Dalí collaborò nuovamente con Buñuel, scrivendo alcune delle scene presenti in un altro film, L’âge d’or. In un susseguirsi di immagini che abbandonano la logica lineare della narrazione per disorientare lo spettatore, Buñuel e Dalí affrontarono temi cari al Surrealismo, come la dimensione onirica e psicoanalitica, l’istinto sessuale e la tensione erotica. Nel cinema surrealista, come nella pittura, le immagini sono infatti simboliche e paradossali, il tempo e lo spazio vengono contratti o dilatati, senza alcuna aderenza alla realtà. Buñuel aveva affermato: «Io sono per un cinema che […] mi darà una visione integrale della realtà, accrescerà la mia conoscenza delle cose e delle creature, e mi spalancherà il meraviglioso mondo dell’ignoto». Buñuel concepiva il cinema come qualcosa di irriverente, utile a smontare la realtà convenzionale e la rappresentazione naturalistica per andare oltre l’apparenza delle cose. Ogni film, infatti, consente al pubblico di intraprendere un viaggio verso l’ignoto, accedendo a una dimensione poetica e misteriosa. Un chien andalou Un chien andalou (Un cane andaluso) è un cortometraggio di circa 20 minuti, le cui scene, apparentemente prive di coerenza narrativa e cronologica, si configurano come un vero e proprio delirio onirico. La sceneggiatura venne scritta in meno di una settimana,